Viaggiare è imparare, meravigliarsi, scoprire, entusiasmarsi, riposare, camminare, risvegliare corpo e mente dalla routine giornaliera, e per noi significa anche disintossicarci dal posto infame in cui viviamo.
GRAN CANARIA è favolosa. Questo speravamo durante i preparativi per il nostro viaggio settembrino di sette notti e questo possiamo affermare ora che l'abbiamo visitata. A rendere la terza isola in ordine di grandezza dell'arcipelago Canario così straordinaria sono il puzzle di microclimi racchiusi nei suoi 1560 chilometri quadrati di superficie, la varietà di panorami e di vegetazione, la storia e la cultura, il mare e ovviamente le spiagge, dorate o di sabbia nera, infinite o racchiuse in piccole baie. Le Canarie rappresentano una comunità autonoma della Spagna, la moneta utilizzata è l'Euro, le prese di corrente (220 Volt e 50 Hertz) sono uguali alle nostre, il fuso orario risulta essere un'ora in meno rispetto a quello di Roma se è in vigore l'ora legale, la benzina costa in media 0,40-0,50 euro in meno, il clima è umido e fresco nella fascia settentrionale, caldo e secco in quella meridionale.
Grazie a un volo Easyjet di quattro ore decollato da Milano Malpensa, atterriamo nell'unico aeroporto di Gran Canaria, posizionato lungo la costa orientale, a metà strada tra la famosa località turistica di Maspalomas a sud e la vibrante capitale Las Palmas a nord. A differenza del viaggio a Tenerife per il quale avevamo rinunciato alla macchina, stavolta vogliamo goderci un'esperienza on the road, seppur mini per via della ridotta quantità di chilometri. Perciò sbrigate le pratiche di noleggio per una macchina allo sportello della compagnia TopCar e precedentemente bloccata sul sito AutoEurope, partiamo alla volta di LAS PALMAS, dove pernottiamo per due notti al Sercotel Parque, un hotel economico dotato di camere essenziali, colazione servita nella sala all'ultimo piano con vista oceano, privo di parcheggio ma con possibilità di sosta gratuita durante la notte nei posteggi disposti nelle vie limitrofe o a pagamento nelle autorimesse vicine.
Dopo soli venti minuti lasciamo l'auto nell'area di sosta libera antistante il Giardino Botanico Viera y Clavijo, nella parte bassa del Canyon, mentre il secondo accesso si trova sull'orlo del 'burrone' alto circa un'ottantina di metri. Il parco ad accesso gratuito fu creato nel 1952 dallo svedese Eric Sventenius il quale decise di ospitarvi specie endemiche ed esotiche, e il risultato è davvero notevole. Lo esploriamo in tranquillità tenendo a portata di mano un ombrellino per via della variabilità del tempo che alterna pioggerella e sprazzi di sole. Qui le piante, i fiori e i cespugli ci appaiono ancora più fantastici perché diversi da quelli dell'ecosistema alpino dove abitiamo, ampi viali attraversano la vallata e sentieri stretti si snodano agili tra la vegetazione per poi inerpicarsi sul fianco verticale del 'barranco'. Ammiriamo stagni e cascatelle, dracene e palme, baobab e il tronco fossile di un pino risalente al 1100 a.C., per poi innamorarci del giardino dei cactus e dell'intreccio strepitoso di rami del grande esemplare di ficus vasta. Siamo felici ed è solo il primo assaggio dell'isola.
Fiori e piante del Giardino Botanico Viera y Clavijo
A pomeriggio inoltrato cambiamo paesaggio. Vogliamo vedere l'oceano, inspirarne l'odore, lasciarci avvolgere dalle goccioline impalpabili di acqua salata. A una decina di chilometri di distanza dal Giardino botanico comincia la spiaggia più famosa di Gran Canaria: Playa de Las Canteras. Per scoprirla posteggiamo nei sotterranei del Centro Comercial Las Arenas, gratuiti per le prime tre ore e poi a pagamento. Qui la nota dolente, il costo si riferisce al singolo minuto e varia a seconda della durata della permanenza, a Gran Canaria i parcheggi funzionano così e bisogna essere dei matematici per riuscire a calcolare quanto si spenderà. Trascorse le prime tre ore consiglio di spostare l'auto nell'area di sosta adiacente, esterna, con prezzi più ragionevoli. Parentesi parcheggi a parte, non appena riemergiamo in superficie rimaniamo da subito affascinati dalla potenza dell'Atlantico. Il cielo è coperto da nuvoloni che all'orizzonte si mescolano con l'oceano scuro, in queste condizioni l'architettura moderna e chiara dell'Auditorio Alfred Kraus spicca ancora di più. La statua del noto tenore spagnolo a cui è dedicata la sala concerti si erge poco distante ed è proprio da qui che inizia il lunghissimo percorso pedonale di oltre sei chilometri sino alla rotonda finale dispersa in un punto selvaggio, disabitato, quasi desolato. I primi tre chilometri sono i più famosi e coincidono con Playa de Las Canteras, lambita da hotel, appartamenti, ristoranti, negozi, bar e qualche parco giochi. Ma noi rivolgiamo lo sguardo all'acqua e al motivo per cui Las Palmas è detta la città del surf. Moltissimi surfisti, esperti o alle prime armi, cavalcano senza paura le onde bianche che si impossessano della spiaggia nera per poi implodere su se stesse in un'alternanza infinita governata dall'alta e bassa marea. Qui diviene famoso dai primi anni '60, quando già spopolava in California e Australia, grazie a persone appassionate spinte dalla voglia di scoprire luoghi sempre nuovi in cui poter surfare. Passeggiamo sulla sabbia fredda e bagnata, poi sul lungo oceano, curiosiamo nelle botteghe di souvenir, consumiamo una cena veloce ai tavolini esterni del Block cafè, il locale dei surfisti, per immergerci nell'atmosfera semplice e rilassata dei giramondo. Poi camminiamo ancora e mentre nostro figlio gioca su scivoli, altalena e una mini tavola da surf a molle, noi non ci stanchiamo di osservare l'oceano, di sentirne il rumore e respirarne il profumo.
Il mattino seguente vogliamo esplorare Las Palmas, conoscerne la storia iniziata nel 1478, anno in cui venne fondata, e il destino legato alle rotte navali verso le Americhe. Dopo una tappa obbligatoria se viaggiate con bambini al Parco San Telmo, accanto al Sercotel e alla stazione degli autobus, dove i piccoli possono divertirsi sulla ricostruzione in legno ben realizzata di un veliero, imbocchiamo la pedonale Calle Traiana. E' la via dello shopping vivacizzata da vetrina di catene internazionali, bar, ristoranti e uffici, che attraversa il centro cittadino e conduce sino al cuore storico della capitale, il quartiere Vegueta, visitabile con tranquillità in una giornata. La meta è Casa de Colon (info varie, orari e costo biglietti acquistabili in loco li trovate nel sito) l'edificio in stile coloniale destinato a residenza dei Governatori dell'isola e nel quale soggiornò Cristoforo Colombo, salpato il 3 agosto 1492 dal porto di Palos in Andalusia con le tre caravelle la Nina, la Pinta e la Santa Maria, per riparare una delle imbarcazioni prima di solcare l'Atlantico nel viaggio che segnò la storia. Le sale, alcune delle quali con meravigliosi affreschi, espongono principalmente documenti e contenuti relativi al ruolo essenziale delle Canarie nella scoperta del continente americano. La visita è da subito coinvolgente e trasporta i turisti a bordo di un veliero, nella camera dell'ammiraglio. Quindi si prosegue approfondendo tutti e quattro i viaggi di Colombo grazie a carte geografiche con le illustrazioni delle rotte seguite dal navigatore genovese e pure da mappe interattive (a mio parere molto interessanti, chiare e attrattive per i bambini). Si ammirano la cartografia, i diari di bordo e gli antichi strumenti di navigazione. Completano l'esposizione pitture e reperti religiosi di Gran Canaria, e la cripta dove sono esposti oggetti appartenuti alle popolazioni precolombiane. Le sale si dislocano attorno a due cortili, uno abbellito con piante, panche intarsiate, anfore, fontana in pietra, cannoni e circondato da un portico in legno, l'altro arricchito dal pozzo gotico e arcate rinascimentali.
Nel museo Casa de Colon
Usciamo soddisfatti dal museo per goderci il tepore del sole mentre passeggiamo nelle viuzze lì attorno per poi sbucare nella grande Plaza Mayor racchiusa da edifici signorili ed esaltata dalla Cattedrale di Sant'Anna. Le due torri campanarie ne delimitano la facciata principale e svettano su una costruzione iniziata nel 1500, conclusa dopo diverse interruzioni nel 1800, e per questo frutto della mescolanza di diversi stili architettonici. L'interno come l'esterno appare semplice e maestoso, vi si accede pagando un ticket d'ingresso comprendente pure l'intimo e floreale giardino interno con il museo del tesoro e la salita, ascensore + scale, alla torre sud da cui giochiamo ad avvistare le piscine sui tetti della città e le navi mercantili pronte a entrare nel porto. Antistante al portale di accesso fanno la guardia quattro statue in bronzo di cani, questo perché una delle ipotesi più accreditate del nome Canarie è la derivazione dal latino 'canis' cioè cani, animale un tempo molto diffuso.
A una manciata di passi dalla cattedrale gustiamo un buon gelato seduti su una panchina, all'ombra di enormi alberi e palme maestose, di Plaza Cairasco, mentre Leonardo scivola e dondola in altalena nel parco giochi. Qui si trova probabilmente l'edificio più elegante di Las Palmas, il Gabinete Literario, in stile neoclassico e decorazioni moderniste, con ristorante, caffè e sale per ospitare eventi artistici e musicali.
Dopo la scorpacciata di cultura sentiamo il bisogno di rivedere l'oceano, quindi saliamo in macchina per trovarci in breve tempo ad ammirare di nuovo le onde, all'estremità sud-ovest di Playa de Las Canteras. Anche oggi il cielo è coperto ma la temperatura è piacevole e, surfisti a parte, diverse persone nuotano e si divertono nell'acqua in prossimità della spiaggia. Pure noi non resistiamo a quel richiamo tuttavia non siamo così impavidi, limitandoci a passeggiare sopra l'infinito bagnasciuga. Cammina e cammina percorriamo senza accorgercene gli oltre tre chilometri di Las Canteras giungendo a Plaza de la Puntilla, nella cui baia si rifugiano le barchette colorate dei pescatori.
Il lungo oceano non termina qui, proseguendo adesso a picco sugli scogli di roccia nera sopra i quali trovano rifugio una miriade di granchi. La sabbia non si vede più, a eccezione di qualche minuscola insenatura, sino al Mirador del Roque da cui gli occhi godono di vedute sconfinate e possono intercettare il Confital, una spiaggia selvaggia, ideale per le escursioni in (quasi) solitaria a nord della capitale. Se sul percorso per il Mirador del Roque vi viene fame, potete sedervi come noi attorno a uno dei tavolini del semplice locale Pizzadillo a gustarvi una focaccia o un panino croccante imbottito di polpette, baccalà, verdura o quant'altro. Si mangia uno street food accompagnato da buone birre con panorama sull'oceano in tempesta: meraviglioso.
E nel prossimo post vi porto a scoprire picchi rocciosi, scogliere e un villaggio di pescatori da cartolina...
Grazie a tutti coloro che hanno visitato il blog e condiviso questo post. Un caloroso saluto da Amare, Viaggiare, Scrivere.
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