A 825 metri di altitudine, appollaiato sul fianco boschivo nell'omonima valle laterale alla Valchiavenna, esiste un borgo cristallizzato nel tempo, dove le auto non possono disturbarne la quiete. Un pugno di case, dimora di gente di montagna, tenace e determinata, gran lavoratrice e avvezza alla fatica, sincera e cordiale, generosa e abituata ad aiutare. Fino agli anni '70 vi risiedevano 500 persone in grado di costituire una comunità completamente autonoma con negozi e attività pubbliche, sulla quale purtroppo aleggiava lo spettro di un imminente abbandono. Sto parlando di CODERA, oggi abitata stabilmente da una decina di anime.
Quando chiuse la scuola quel destino fu inesorabile. Una situazione analoga è descritta con ironica drammaticità nel film italiano 'Un mondo a parte' con Antonio Albanese e Virginia Raffaele, uscito la primavera scorsa nelle sale cinematografiche e che vi consiglio di guardare in quanto capace di far ridere e piangere, scontrare con una realtà angosciante e al contempo sognare un lieto fine. La diversità principale fra il villaggio di Rupe dov'è ambientata la pellicola e quello di Codera è che per raggiungere il paese valchiavennasco bisogna camminare, non ci sono alternative, sebbene ci sia stato un tempo in cui l'ipotesi di una strada sembrò prendere forma. L'idea non venne mai concretizzata. Questa condizione, oggi, accresce il fascino del luogo, ma si scontra con le difficoltà quotidiane dei coraggiosi abitanti in pianta stabile. 510 metri di dislivello dal parcheggio a pagamento al termine di via Castello all'apice nel paese di Novate Mezzola, un tempo di percorrenza variabile da un'ora e trenta alle due ore su una mulattiera immersa nei castagneti di circa 4 chilometri di lunghezza, scandita da oltre 2500 gradoni in sasso. La differenza di quota si concentra nella prima metà del percorso, accompagnato da vedute via via più ampie sul fondovalle e il lago di Mezzola. Poi, in prossimità del piccolo alpeggio sorvegliato dalla chiesa di Sant'Antonio, comincia a inoltrarsi nella vallata dai fianchi verticali e le case di Codera compaiono in lontananza. Dopo un tratto pianeggiante il sentiero scende a gradoni per qualche tornante, quindi prosegue alternando pianura a saliscendi aggrappandosi alla roccia friabile dalla quale si protegge grazie a tettoie in cemento. E' un tragitto impegnativo se si pensa di doverlo affrontare carichi di scorte alimentari, vestiti, oggetti d'uso quotidiano. Ci sono una funicolare e pure l'elicottero ma non rientrano nelle opzioni giornaliere.
L'alternativa rivolta agli escursionisti per giungere al borgo è il caratteristico Tracciolino, un percorso di circa 10 chilometri a 920 metri di altezza e pianeggiante (una volta superata la salita dal fondovalle) sospeso tra la val dei Ratti e la val Codera. Fu realizzato negli anni '30 al fine di collegare due piccoli bacini artificiali, e offre spezzoni molto suggestivi, tra gallerie e passaggi scavate nella roccia.
Qualunque sia la scelta, al villaggio si arriva solo a piedi, faticando, e le parole di Luigi Bombardieri, uno dei più noti alpinisti italiani vissuto tra il 1900 e il 1957, anno in cui l'elicottero sul quale viaggiava verso il rifugio Marinelli in Valmalenco si schiantò vicino al rifugio, ne consacrano il senso: "la montagna è scuola di carattere, di onestà, di solidarietà e di amore per la natura".
Panorama sul lago di Novate Mezzola |
La chiesetta di Sant'Antonio protegge un minuscolo gruppo di baite |
Codera sullo sfondo e il tracciato scavato nella roccia |
Tali caratteristiche appartengono pure a un uomo come Roberto Giardini, presidente e anima dell'Associazione Amici di Codera che dal 1981 si impegna con passione a mantenere vivo quest'angolo di mondo, a coinvolgere i forestieri nelle attività di montagna e a 'contagiare', nel senso più positivo del termine, le giovani generazioni con l'amore e la dedizione profondi verso un modo di vivere quasi estinto in Europa, semplice sì, eppure pieno di soddisfazioni e di valori di cui la società odierna è carente.
Ogni anno viene realizzato un ricco calendario di proposte per coinvolgere sempre più persone e diffondere la cultura montana, dal corteo con i campanacci alle salite a Codera con il plenilunio, dalle visite guidate volte a riconoscere e raccogliere le erbe spontanee commestibili poi cucinate e gustate all'Osteria Alpina, ai tomboloni, dalla pulizia e lo sfalcio dei prati alla manutenzione dei muretti, dalle attività agricole alla raccolta delle patate e dei fagioli. Perché fare fatica e condividerla assieme agli altri, mangiare attorno a un tavolone tutti assieme e parlare, ridere e riflettere, mantiene sani e rende felici.
Qui le tradizioni vengono conservate e presentate orgogliosamente ai visitatori, e proprio per loro è stato allestito un albergo diffuso, con locali sparsi in tutto il paese messi a disposizione dai proprietari delle abitazioni.
Un piccolo scrigno di ricordi è ben custodito al Museo storico etnografico naturalistico, dove gli oggetti d'uso comune del passato come la penna e il calamaio si rifiutano di essere dimenticati. Quegli oggetti rappresentavano la vita quotidiana delle persone: da allora il mondo si è stravolto e oggi, a mio parere, non è più a misura d'uomo.
Una volta usciti dal minuscolo museo è piacevole gironzolare per Codera, scoprendone ogni angolo e imparando a coglierne gli scorci di maggiore fascino.
Ma la vallata non finisce qui, prosegue ancora per alcuni chilometri sino al Rifugio Bresciadega e al Rifugio Luigi Brasca. Noi stavolta ci accontentiamo di arrivare alla base scout 'La centralina', promettendo a noi stessi che non appena le giornate torneranno ad allungarsi esploreremo la valle per intero.
Vecchio oratorio |
Il torrente nei pressi della base Scout 'La Centralina'
Il motivo che ci ha spinti a salire fin qui durante il ponte festivo dall'1 al 3 novembre appena trascorso, a parte l'indiscussa accogliente bellezza del luogo, è stata la Festa del Castagno. Nello slargo accanto alla Locanda ha preso vita il micro mercatino di prodotti agro-artigianali, come ad esempio i coltelli e le tazze dipinte, le prelibatezze biologiche e nostrane della val Codera e della vicina valle dei Ratti, dai formaggi alle marmellata, dal miele agli oli essenziali, e soprattutto sua regina la 'marronita', la deliziosa crema di castagne prodotta nelle cucine del paese, preparata con un goccio di rum. Per tre giorni il frutto tanto umile quanto versatile, tipico delle nostre montagne, è stato incoronato regina. E' ottimo lessato, saltato in padella, consumato da solo o come ingredienti nei dolci e pure nei primi piatti (provate le tagliatelle alle castagne!), inoltre può essere essiccate e gustato diverse settimane dopo la raccolta. E molti non sanno che oltre a essere un'ottimo nutrimento, durante il Rinascimento nelle fortezze sotto assedio, se i proiettili scarseggiavano fungevano pure da proiettili.
Ma torniamo alla festa per deliziare il palato con castagne arrostite, dolci fatti in casa, torte di mela e cannella, pera e cioccolato, o farcite con la marronita. E poi la sera si elegge re castagnone e la notte si accende con l'animazione e il tombolone.
Delizie assaggiate e acquistate a parte, ciò che porteremo nel cuore sono i discorsi scambiati con le persone che qui ci vivono, l'entusiasmo con il quale organizzano eventi e propongono iniziative, la punta di tristezza nella loro voce quando ricordano l'infanzia a Codera, una realtà scomparsa difficilmente ricostruibile, l'allegria del presidente Roberto Giardini nel coinvolgere i bambini e la certezza incrollabile di non voler vedere abbandonato questo piccolo, magico paese.
Roberto Giardini, presidente dell'Associazione Amici di Codera
Grazie a tutti coloro che hanno visitato il blog e condiviso questo post. Un caloroso saluto da Amare, Viaggiare, Scrivere.
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