La Valchiavenna, in provincia di Sondrio, è uno scrigno di capolavori architettonici e musei, borghi isolati carichi di fascino e parchi naturali, piste ciclabili e sentieri, crotti e specialità culinarie. A questa valle verdissima incastonata tra Svizzera e Valtellina, che oggi possiede un ruolo importante nel settore del turismo e un tempo, fin dall'epoca dei Romani, era uno snodo commerciale di prim'ordine, ho dedicato diversi post, ritrovabili con l'apposito gadget in alto a sinistra 'cerca nel blog'.
Chiavenna è la cittadina più importante della vallata, letteralmente tagliata in due dal fiume Mera le cui acque hanno scavato con la loro azione incessante di erosione una gola suggestiva attorno alla quale è cresciuto il nucleo storico, con gli edifici antichi aggrappati ai bordi del canyon.
Oggi rinunciamo a questa attrattiva, fermandoci qualche chilometro prima nella periferia del comune di Gordona, più precisamente al Kartodromo Boggia Park & Sport. Qui, oltre a divertirsi sui go kart elettrici, si può mangiare al ristorante pizzeria con terrazza panoramica, bere una birra all' American Pub, praticare Canyoning nel fiume Boggia (o Bodengo) o cimentarsi in uno dei tanti trekking nei dintorni.
Optiamo proprio per quest'ultima alternativa, con l'intenzione di compiere un'escursione a semi-anello con: un dislivello in salita di circa 450 metri e della durata di 3h / 3h 30 min. comprensiva di soste e pause fotografiche, e partenza dallo spiazzo sterrato antistante la centrale idroelettrica A2A di Gordona, a pochi passi dal kartodromo.
All'inizio del trail bisogna costeggiare il recinto della centrale e poi proseguire tra gli alberi dove scorre un torrentello circondato in primavera da distese di aglio orsino. La salita è severa e in una manciata di minuti ci si immette sulla via Francisca (il tracciato che univa la città di Costanza in Germania a Pavia), a pochi passi dal ponte della Boggia, a 278 metri di altezza. Guardando oltre la ringhiera della passerella sospesa sopra il profondo canyon, gli occhi vengono catturati dal gran salto della cascata del torrente Boggia, mentre la brezza fredda generata dal movimento impetuoso delle acque gelide è in grado di far rabbrividire anche in piena estate.
Distesa di aglio orsino accanto al torrente |
Due scatti della Cascata della Boggia
Poco oltre giungiamo a un bivio dov'è possibile proseguire dritto in pianura o inerpicarsi a destra su un sentiero zigzagante nel bosco di castagni, betulle e querce: è proprio quello su cui ci inoltriamo noi, lasciando per il ritorno l'altra opzione e compiere così un percorso a semi-anello.
Dopo una mezz'ora scorgiamo una conca con qualche rudere, e una casupola ben ristrutturata lontana dal resto del mondo sebbene a due passi dalla civiltà, dell'Alpe Segname a 543 metri di quota. Qui un tempo la gente vi abitava tutto l'anno, coltivava la terra e allevava animali, ora tranne quell'eccezione rimangono solo muri e tetti sfondati, e ricordi tramandati.
Seguendo le indicazioni in altri venti minuti di salite e tratti pianeggianti fra le cortecce bianche delle betulle si giunge all'estremità del promontorio dalla cima rocciosa e i fianchi rivestiti di alberi, a 655 metri di altitudine, su cui s'innalza la Torre di Segname.
Sentiero che dall'Alpe Segname sale alla torre |
Spazio ai piedi della Torre di Segname |
Torre di Segname |
Risalente alla seconda metà del 1100, risulta ben visibile dalla vallata che infatti si ammira da nord a sud, dalla cittadina di Chiavenna al paese di Novate Mezzola. Il torrione era un edificio di segnalazione asservito probabilmente al castello costruito nel punto d'incontro tra il promontorio e i monti, e di cui non rimane più nulla. Nel corso dei secoli ha subito il degrado del tempo ed è solo grazie al lavoro di restauro intrapreso dal comune nel 1998 che oggi resiste ancora.
Panorama dalla Torre di Segname rispettivamente verso sud, Novate Mezzola,
e in direzione nord, Chiavenna.
Dopo un breve riposo e una lenta contemplazione del paesaggio proseguiamo in discesa verso Cà Pipeta raggiungibile in venticinque minuti, lasciandoci incuriosire dalle conformazioni bizzarre dei tronchi d'albero secchi e dagli incroci di quelli appena abbattuti dal vento. Il nome della nuova meta è assai strano ma calza a pennello alla casa che pare uscita da una fiaba, costruita al di sotto di un'enorme lastra di pietra, ingegnosamente sfruttata come tetto. Abitata fino ai primi anni del Novecento, Cà Pipeta era costituita da ben otto locali, una stalla, una cantina, e vantava persino l'acqua corrente che sgorgava lenta ma incessante da una parete naturale. Purtroppo diversi atti di vandalismo hanno deturpato gli interni, asportato porte e finestre, mentre pecore e capre vi trovano rifugio. L'unica speranza di salvezza di questo sito particolarissimo è che venga finanziato al più presto un intervento di recupero.
Cà Pipeta
Se come noi decidete di raggiungere il Kartodromo compiendo un percorso ad anello bisognerà tornare indietro per cinque minuti e al bivio imboccare il tracciato in discesa che conduce al fiume Mera e ai prati verdissimi adiacenti alla riva lungo cui transita la Via Francisca. La strada sterrata passa accanto ai ruderi della chiesetta di Sant'orsola e poi tramuta in un sentiero dall'altimetria ondulata, al principio sfiorando l'acqua e poi inghiottito dai boschi. Gli stessi che una quarantina di minuti dopo riconducono alla macchina, per concludere così la piacevole escursione in terra valchiavennasca.
Grazie a tutti coloro che hanno visitato il blog e condiviso questo post. Un caloroso saluto da Amare, Viaggiare, Scrivere.
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