Il palazzo che ospita il museo |
C'è però un luogo dove le tradizioni della gente bormina sono custodite, valorizzate, messe a disposizione dei forestieri. Sto parlando del Museo civico (info e orari al link: https://www.museocivicobormio.it/) la cui sede è già di per sé suggestiva, occupando le sale dell'antica dimora della famiglia nobile De Simoni, ricostruita nel XVII secolo e completata all'esterno dalla torre medievale, il bel giardino terrazzato e la chiesetta della Madonna del Buon Consiglio.
Il potere della famiglia nobile è rappresentato dall'opulenza degli arredi e delle decorazioni del salone d'onore. Sopra il tavolo centrale pende un candelabro in vetro di Murano, appeso al soffitto voltato arricchito da stucchi. Vi sono i ritratti dei signori, mobili intagliati e un sontuoso altare in legno del XVII secolo.
Da qui si accede a piccoli locali ricchi di opere, intimi e suggestivi, come la quadreria, la sala Castiglioni adornata di opere del noto pittore rappresentanti manifesti sportivi, e quella della musica con strumenti a fiato, pianoforte e fortepiano. C'è poi l'ambiente dedicato al ricordo delle guerre, in cui il dramma del Primo Conflitto Mondiale incarnato soprattutto dal freddo, la fame e le slavine, viene raccontato con armi, telefoni, documenti e oggetti.
Non mancano sculture in legno d'arte locale e neppure un angolo dedicato al bebè, con tanto di girello, carrozzina, culla e capi d'abbigliamento. L'antica cucina è posizionata nella torre medievale, dove il grande camino con cappa la fa da padrone, curiose le grattugie del formaggio, la bilancia a due piatti e i macinini per caffè e spezie. Caratteristica la stanza della scuola dove i calamai e i gessi sembrano oggetti proveniente da un altro pianete. Merita sapere che durante l'inverno ogni alunno doveva portare con sé della legno per riscaldare l'aula: usanze di un mondo passato difficile da immaginare.
La cucina di un tempo |
Girovagando per il museo scopriamo il mestiere del ciabattino, un impiego stagionale praticato nei mesi freddi dai contadini che lasciavano il proprio paese per guadagnare qualche soldo nelle famiglie in cui prestavano servizio ed erano ospitati. Per conservare i segreti del mestiere i ciabattini avevano codificato un proprio linguaggio, ora raccolto in un vocabolario davvero originale.
Mentre gli uomini erano lontani da casa le donne filava la lana e il lino, pianta molto coltivata a Bormio. Quindi, grazie al telaio, trasformavano la materia prima in stoffe pregiate, indumenti finiti e panni per le attività quotidiane.
Attrezzi per la lavorazione della lana e del lino |
Letto decorato della sc'tua |
Poi scopriamo gli attrezzi del falegname e del carpentiere, gli utensili per la caseificazione e l'allevamento, e uno spazio che testimonia l'importanza della neve in questi luoghi montani, temuta eppure necessaria per il riposo dei campi. Bellissime le slitte, di cui una coperta con tanto di sedili in velluto e lampada, lì accanto le carrozze e il vecchio carro dei pompieri con tanto di pompa a mano.
Fiore all'occhiello dell'esposizione è la diligenza trainata da quattro o sei cavalli, che in 64 ore portava fino a otto passeggeri, oltre al cocchiere, da Milano a Bormio, e in 125 ore giungeva a Landeck in Tirolo. Ha transitato sui tornanti del passo Stelvio fin dal 1831, valico inaugurato nel 1825 che consentiva di raggiungere l'Austria senza transitare dalla Svizzera, a quei tempi aperto pure d'inverno: incredibile!
Incredibile come questo museo rivelatosi un'ottima sorpresa e del quale consiglio di certo di varcare la porta, un passaggio temporale che trasporta indietro nel tempo, regalando angoli suggestivi, toccanti, curiosi, ma tutti equamente degni di interesse.
La diligenza che collegava Milano a Bormio, fino a Landeck |
Carro dei pompieri con pompa a mano |
Grazie a tutti coloro che hanno visitato il blog e condiviso questo post. Un caloroso saluto da Amare, Viaggiare, Scrivere.
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