Ci dicevano che la Giordania custodisce bellezze naturali e plasmate dall'uomo, che oltre ai panorami ci avrebbero conquistato le persone, con la loro accoglienza spontanea e calorosa. Non ci credevamo del tutto, eppure ci siamo dovuti ricredere. Certi sguardi e sorrisi allegri, così come le gentilezze inaspettate di coloro che ci hanno accompagnato in questo indimenticabile viaggio rimarranno per sempre nei nostri cuori...
Tratto dal mio racconto 'Giordania: terra del cuore', dedicato alla breve ma intensa scoperta di luoghi magici, da Aqaba a Petra, passando per il deserto del Wadi Rum, e pubblicato sulla nota rivista online 'Turisti per caso'. Se volete leggerlo per intero e collezionare consigli pratici per organizzare la vostra vacanza in terra giordana, cliccate sul link: https://turistipercaso.it/diari-di-viaggio/giordania-terra-del-cuore.html
E ora buon viaggio nella città rosa...
Inserita nel Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco nel 1985, Petra è una meraviglia protetta dalle montagne in cui si mimetizza. Non domina la scena come la tour Eiffel, il Colosseo o il Taj Mahal (alcune delle altre sette meraviglie del mondo moderno) e non è un monumento solo, bensì un complesso scavato nella roccia rosata e arancione, poi reso prospero dai Nabatei. Quel popolo ingegnoso di commercianti, guerrieri e ingegneri fu capace di raccogliere l'acqua piovana, e dei fiumi allora presenti, e distribuirla all'intera comunità grazie a dei canali ancora oggi ben visibili lungo il canyon d'ingresso. La città rosa, così viene definita per le sfumature rosate della pietra, rappresentò a partire dell'VI secolo a.C. un ricco centro mercantile per il commercio di incenso, mirra e spezie. Dopo il suo abbandono nel VIII secolo per colpa delle calamità naturali (soprattutto terremoti causati della vicinanza alla frattura della crosta terrestre in due placche, arabica e africana) e della diminuzione degli scambi commerciali, ne cominciò la decadenza. Molto tempo dopo i beduini trovarono rifugio nelle grotte create dai loro antenati, abitandovi sino a tempi recenti.
Bisogna ringraziare l'esploratore svizzero Burckhardt se il mondo nel 1812 poté conoscere una tale bellezza e da allora sempre più persone, comprese noi, vengono catturate dal fascino ammaliante di Petra.
Giungiamo al centro visitatori (sulla pagina web trovate le info necessarie alla visita, mutevoli a seconda della stagione e delle modalità di accesso) intorno alle 8 del mattino. Sebbene il sito sia aperto dalle 6, a novembre è sconsigliabile arrivarci così presto in quanto a quell'ora il sole non è ancora sorto privando il luogo di quei fasci luminosi che ne esaltano la bellezza, e inoltre il freddo della notte è ancora pungente. D'estate invece è meglio essere fra i primi a entrare per anticipare le orde di turisti venuti in autobus ed evitare di camminare durante le ore più calde della giornata. Se siete dei buoni escursionisti a mio parere una giornata è sufficiente per scoprire Petra con tranquillità, prendendosi i tempi per fotografare, ammirare, riposare e rifocillarsi, e tenendo conto che dall'entrata al Monastero (punto più lontano) l'andata e il ritorno corrispondono a 10,5 chilometri. Se come noi volete aggiungerci il trail delle Tombe Reali (percorso in una sola direzione) e qualche altra breve deviazione si compiono all'incirca 13-14 km in totale. Ovviamente sono presenti sentieri aggiuntivi se considerate di trascorrere qui due o tre giorni. A differenza del Wadi Rum i bagni non mancano e sono abbastanza puliti.
Una breve fila alle casse e subito ci catapultiamo lungo il viale di accesso sterrato in discesa, affiancato dal percorso riservato ai cavalli in groppa ai quali è possibile sfruttare un passaggio a pagamento. Superati gli 800 metri iniziali circondati da un panorama preludio, seppure di minore bellezza, a ciò che vedremo fra poco, con i Blocchi Djinn e le Tombe del Serpente e dell'Obelisco dagli interni vuoti, come del resto tutte le opere architettoniche di Petra, giungiamo all'imbocco del Siq. Il fluire di un fiume antico ha modellato le pareti verticali dalle forme tondeggianti del famosissimo canyon che nei punti dove il passaggio si restringe sembrano sfiorarsi sopra le nostre teste. Notiamo le striature giallastre mischiate a quelle di colore ocra e rosa, mentre lo percorriamo siamo da soli (un vero momento di fortuna) e ci immedesimiamo nel primo esploratore occidentale pensando a quanto, passo dopo passo, potesse battergli forte il cuore e procedesse con la curiosità insaziabile di vedere cosa si sarebbe celato dietro a ogni curva.
Nel Siq di Petra siamo da soli, una vero momento di fortuna
Poi, dopo circa un chilometro, vediamo dapprima una sezione del monumento più celebre del sito, il più fotografato, quello per cui i turisti arrivano dai vari continenti per ammirarlo. Procediamo ancora e finalmente siamo al cospetto del Tesoro. E' la facciata meglio conservata di Petra, con colonne abbellite da capitelli corinzi, fregi, bassorilievi, decorazioni e coronato da un'urna funebre che secondo la leggenda dovrebbe contenere il tesoro del Faraone, da qui il nome. Su di essa sono visibili i fori dei proiettili sparati dai predoni nel tentativo di spaccarla per rubarne il contenuto. A tutt'oggi nessuno sa cosa contiene, come rimane un mistero la funzione dell'edificio. Questo ne accresce a dismisura il misticismo tanto da stregare persino il grande regista Steven Spielberg che qui ambientò una scena del film 'Indiana Jones e l'ultima crociata' interpretato da Harrison Ford e Sean Connery.
Il Tesoro compare alla fine del canyon...
Abbandonato il Tesoro si esce dal canyon per proseguire in un vallone arido riempito di banchetti con oggetti ricordo da vendere ai turisti, e detto Strada delle Facciate. Sulla destra infatti si aprono gli accessi a diverse tombe, mentre a sinistra ai piedi della collina del Sacrificio compare quel che rimane del Teatro. Le tre file di sedute e il palcoscenico sono ben visibili, poteva ospitare ben 4000 spettatori, e si vede la porzione più recente dietro al palco ricostruita dai romani.
L'ambiente si apre via via sempre di più, ci lasciamo alle spalle i fianchi verticali delle montagne intarsiati con le Tombe Reali per scoprirli al ritorno, e passeggiamo lungo la Strada delle Colonne, chiamata così per la presenza di molti resti colonnati, ancora in parte lastricata, edificata dai Nabatei e ristrutturata dall'Impero di Roma. Si notano i ruderi del Ninfeo, un tempo la fontana pubblica semicircolare ancora oggi ombreggiata da una pianta di pistacchio di 450 anni. Poi ci inerpichiamo sui gradini del Grande Tempio fino a quello che centinai di anni fa ne era il cuore. La superficie del monumento archeologico e i resti delle colonne fanno comprendere quanto doveva essere immensa, imponente e finemente decorata la costruzione eretta nel I secolo a.C. combinando le tradizioni artistiche del luogo allo stile classico.
Verso il Monastero |
Con tanta felicità, un poco di fatica e un grido di esultanza di Leonardo, raggiungiamo la spianata dal paesaggio lunare, protetta da spuntoni di pietra dalla cima appiattita in cima ai quali campeggiano i 'bar' tradizionali, ovvero tende con qualche panche e tappeti su cui sedersi a rifocillarsi e bere l'immancabile tè con vista strepitosa sul Monastero. Il monumento risulta imponente, meno decorato rispetto al Tesoro ma comunque incredibile, l'interno vuoto, come d'altronde tutte le costruzioni del sito, non è accessibile. La bellezza è l'esterno, è l'ambiente circostante, è il fatto di trovarsi in Giordania. Bruciamo le ultime energie per continuare fino alla vetta della roccia antistante per godere di una veduta indimenticabile, da una lato su Petra e dall'altra verso un orizzonte infinito, arido, disegnato dalle rocce. E' una visione che rimarrà per sempre impresse nelle nostre menti.
Lungo il percorso di ritorno, oltre a comprare qualche souvenir e sederci di tanto in tanto nei punti più panoramici per ristorarci e riposare, superato il Ninfeo imbocchiamo il trail delle Tombe Reali. Merita davvero riprendere quota per godere di una visione completa della spianata con il Grande Tempio e osservare da vicino le facciate e i soffitti interni di questa serie di enormi mausolei resi bellissimi dal vortice di colore della roccia sedimentaria dalle svariate sfumature, dovute alla diversa quantità di ossidi presenti e responsabile della creazione di stupefacenti collage colorati visibili soprattutto sui soffitti e le pareti esterne.
Due vedute sul complesso delle Tombe Reali
Riprendiamo il percorso del mattino in prossimità del Teatro per rivivere con calma le suggestioni suscitateci dal Tesoro e il Siq. Una volta usciti dal sito e tornati tra gli edifici contemporanei del centro visitatori e della cittadina di Wadi Musa fatichiamo a credere di essere stati a Petra, di aver toccato la roccia lavorata dai Nabatei, di aver avuto il privilegio di vedere una delle sette meraviglie del mondo moderno.
Grazie a tutti coloro che hanno visitato il blog e condiviso questo post. Un caloroso saluto da Amare, Viaggiare, Scrivere.
Nessun commento:
Posta un commento