Nei boschi di Canzo, un paese in provincia di Como nascosto nella vallata che dal lago di Pusiano sale al Ghisallo, Santuario del ciclismo a cui ho dedicato il post 'Dalla Madonna del Ghisallo all'incantevole Bellagio, è stato tracciato un sentiero magico lungo il quale al calare della notte fate, gnomi, fauni e altre creature frutto della fantasia sconfinata dei bambini si animano. Danzano e ballano, suonano e fanno i burloni, saltellano e giocano nelle radure, e quando sorge il sole si trasformano in sculture di legno, statiche e prive di vita. O almeno a noi sembra così, tuttavia se le si osserva bene potremo scorgere un movimento degli occhi: è il segno che loro ci osservano e custodiscono la foresta.
Per raggiungere il percorso incantato bisogna salire in auto fino alla località Fonti di Gajum a 483 metri di altezza. Da qui ha inizio il giro ad anello di circa 2 ore e 30 minuti con arrivo a Terz'Alpe a 800 metri di quota e ritorno sul sentiero geologico, non adatto a passeggini e bimbi piccoli.
I posteggi non sono molti e se non si ha un po' di fortuna è necessario tornare al paese di Canzo dove proprio all'attacco della salita è presente un'ampia area di sosta. Problema di parcheggi a parte, dalle Fonti di Gajum comincia una mulattiera dalle pendenze severe immersa nella foresta di latifoglie, pini e larici dei Corni di Canzo. Purtroppo in questo fragile ecosistema sono ancora ben visibili gli effetti devastanti della tempesta Vaia che la notte tra il 28 e il 29 ottobre del 2018 abbatté moltissimi alberi. Le 'vittime' principali furono le conifere, frutto di un'introduzione forzata nel territorio, e i cui tronchi martoriati si schiantarono al suolo pure nei due anni successivi, sempre in conseguenza del drammatico evento. Al fine fine di ristabilire un habitat resistente si è provveduto all'abbattimento delle piante fragili e al successivo rimboschimento con esemplari di latifoglie autoctone più robuste. Il risultato di tanto lavoro sarà visibile fra qualche anno, nel frattempo è dovere di noi visitatori non danneggiare il sottobosco e in generale muoverci con rispetto nella natura.
Foresta dei Corni di Canzo |
In circa 30-40 minuti di cammino si giunge nella bella conca prativa abbracciata dagli alberi di Prim'Alpe a 720 metri di altezza. I bambini possono correre liberi senza pericoli mentre i genitori si rilassano sdraiati sull'erba in quest'angolo bucolico incorniciato dai Corni di Canzo a sinistra e del Cornizzolo sulla destra. Ci sono pure il centro visitatori Riserva Sasso Malascarpa dove acquisire informazioni importanti sulla zona protetta e il Belvedere di Prà Baton affacciato sulla vallata in cui sorge l'eremo di San Miro. Un trail in ripida discesa chiamato Sentiero naturalistico dello Spaccasassi, corredato da pannelli illustrativi di fauna e flora del luogo, lo collega a Prim'Alpe, ma noi preferiamo raggiungerlo seguendo una seconda alternativa di maggiore suggestione.
Veduta dei Corni di Canzo, sulla sinistra, e della vallate, da Prim'Alpe |
Dal margine dei prati, in corrispondenza di un'area circolare con al centro un focolaio, ha finalmente inizio il Sentiero degli spiriti del bosco che alterna un primo tratto in discesa seguito da pianori intervallati da brevi salite. Come accennato prima, passo dopo passo si incontrano le statue in legno dei magici abitanti della foresta, alcune segnate dal trascorrere del tempo e dalle intemperie, altre di recente realizzazione e perciò di aspetto migliore. Non mancano neppure un labirinto, capanne e scoiattoli giganti, figure ecclettiche e tronchi su cui saltellare. E' un'idea magnifica per avvicinare i bimbi alla natura e invogliarli a camminare.
Istantanee del Sentiero degli spiriti del bosco
Senza troppa fatica e un sorriso stampato sul viso, una famiglia come la nostra raggiunge il rifugio Terz'Alpe a 800 metri di altitudine in circa 50-60 minuti condotti a passo lento e comprensivi di innumerevoli soste. Qui è d'obbligo rifocillarsi con un tè caldo o una bevanda fresca a seconda della stagione e gustare dolci nostrani e panini.
Una sosta nel grande prato accanto al ristoro e poi si è pronti ad affrontare uno dei tanti itinerari indicati dai cartelli, disegnati per ogni livello di allenamento, interesse, durata e, nel caso della via ferrata, di attrezzatura.
Il Rifugio Terz'Alpe e sullo sfondo i Corni di Canzo |
Noi scegliamo di gironzolare tra le Selve dei castagneti da frutto, un tempo essenziale fonte di nutrimento per gli abitanti della zona, e di seguire il Sentiero dei giganti (a poca distanza dal rifugio e percorribile in 30 minuti) lungo cui scopriamo sei castagni monumentali, caduti o ancora ben radicati nel terreno, a ciascuno dei quali è stato attribuito un nome che riassume la propria condizione. Conosciamo così il Gigante caduto e lo Spezzato distesi a terra, il Secco che invece ancora resiste, il Cavo con un grande incavo nel tronco nel quale una persona può tranquillamente rifugiarsi, il Guerriero, tra i sei esemplari quello più vigoroso ancora in vita, il Ritorto dal tronco che pare essere stato avvitato da un ciclope.
Tornati al ristoro Terz'Alpe, imbocchiamo in discesa il Sentiero geologico basso che in un'ora scarsa riconduce alle Fonti di Gajum. Il tracciato è molto ben tenuto, dinamico per i bimbi abituati a saltare da un punto all'altro e disseminato di cartelli esplicativi ricchi di spiegazioni sulle peculiarità del percorso.
In tal modo si scoprono i log pyramids creati dall'uomo, ovvero dei pali in legno di diversa altezza infilzati nel terreno l'uno accanto all'altro, il cui fine naturalistico è quello di produrre necromassa, ovvero cibo per i boschi. Scorgiamo le sorgenti pietrificanti, di color avorio e dall'aspetto spugnoso in grado di racchiudere resti vegetali, e la Serpentinite. Quest'ultima possiede un colore verde scuro e proviene dalla Valmalenco. Trattasi infatti di un masso erratico trasportato dal ghiaccio dell'ultima era glaciale, e utilizzabile nella fabbricazione dei marmi e delle pentole in pietra ollare note come i Lavéc.
Due scatti del Sentiero geologico
Un torrente accompagna il nostro cammino e nel corso dei secoli ha generato, grazie a un fenomeno di erosione meccanica, le marmitte dei giganti. Ciò accade quando dei sassi duri scavano in una roccia meno resistente, girando in tondo per mezzo della forza incessante dell'acqua, e formando delle vasche di vari diametro e profondità.
C'è poi la carbonaia, una sorta di capanna costruita per ottenere carbone dai tronchi tagliati nei boschi grazie alla combustione in un ambiente povero di ossigeno capace di generare un materiale ad elevato potere calorico eppure più leggero rispetto alla legna e quindi più semplice da trasportare.
Marmitta dei giganti |
La carbonaia |
L'ultima attrazione della giornata è incastonata in una vallata stretta a 600 metri di altitudine, nel punto in cui dal terreno sgorga una fonte d'acqua sorgiva già meta di pellegrinaggio nel 1600. L'edificio per nulla appariscente con tanto di chiesa e campanile fu costruito tra il 1643 e il 1660 in onore di San Miro Paredi che qui si ritirò a vivere un'esistenza da eremita nel XIV secolo. Sto parlando dell'Eremo di San Miro le cui stanze fino al 1810 ospitarono una comunità da frati dedita alla coltivazione dei terrapieni circostanti creati con muretti a secco. Dopo il 1850 il luogo venne abbandonato e i primi restauri furono intrapresi molto tempo dopo, tra il 1950 e il 1966, mentre quello che vediamo oggi è il frutto degli ultimi interventi del 2000. Ora l'Eremo è una meta gradevole per le passeggiate ma un tempo sopravvivere qui non doveva essere stato semplice, né accogliente o confortevole.
Abbandonato e solitario, provoca una mescolanza di tristezza e solitudine, libertà e serenità, a seconda degli occhi di chi lo osserva...
Grazie a tutti coloro che hanno visitato il blog e condiviso questo post. Un caloroso saluto da Amare, Viaggiare, Scrivere.
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