Si sa, i santuari come le torri e i castelli occupano spesso posizioni panoramiche, sopra colli o speroni di roccia a picco su laghi, mari, fiumi, oppure si nascondono in location intime, nel cuore di vallate attraversate da cammini antichi.
I luoghi di cui voglio parlarvi oggi riassumono tutto questo. Siamo tra Lenno e Ossuccio, graziosi borghi sulle rive del ramo occidentale del lago di Como, una decina di chilometri a sud dalla più conosciuta Menaggio, località a cui ho dedicato il penultimo post: http://amareviaggiarescrivere.blogspot.com/2022/02/camminare-nei-dintorni-menaggio.html
La partenza del percorso anello, della durata totale di circa tre ore e trenta da compiere a passo lento con nostro figlio Leonardo di cinque anni, è il piazzale sterrato dell'Abbazia dell'Acquafredda a Lenno, a 325 metri di altitudine. Quello che ci apprestiamo a compiere posso definirlo il triangolo dei Santuari perché di fatto i tracciati collegano tre vertici, disegnando virtualmente questa figura geometrica.
Il parcheggio è delimitato dalle mura di cinta che inglobano il monastero con il suo giardino e a fianco la chiesa, entrambi trovati chiusi. Ne vediamo gli esterni semplici, lineari, tinteggiati di bianco e giallo chiaro, poggiati sopra il pianoro prativo con una vista lago piacevole, sebbene non splendida come quella che ammireremo al Santuario della Beata Vergine del Soccorso.
La fondazione dell'Abbazia risale al 1143 su volere dei monaci cistercensi e deve il nome alla presenza nelle vicinanze di una sorgente. Nel 1153 iniziarono i lavori veri e propri e il 1193 fu l'anno della consacrazione. Adibita a Monastero, nel XVI secolo venne abbandonata e successivamente convertita nel covo di banditi fino alla sua distruzione nel 1527. Qualche tempo dopo se ne cominciò la ricostruzione, completata nel XVII secolo, e da allora pittori e scultori ne abbellirono l'interno e la facciata.
Il complesso è profondamente legato alle drammatiche vicende storiche dell'XX secolo. I padri cappuccini offrirono infatti assistenza alla popolazione devastata dalle atrocità e la fame della Seconda Guerra Mondiale, e lenirono le angosce dei genitori per i figli costretti ad arruolarsi nelle file fasciste oppure fuggiaschi in quanto disertori. L'allora Priore, Padre Prospero, tenace oppositore del regime, assieme ai suoi padri cappuccini fornì un sostegno concreto ai partigiani: ospitandoli, vestendoli, nutrendoli, aiutandoli a passare il confine svizzero, raccogliendo per loro denaro e trasmettendo corrispondenza clandestina. Il coraggio di questi uomini di fede fu immenso se si pensa alle pesantissime pene previste per chi violava il regime.
Cominciamo a inerpicarci su via San Benedetto, una stretta striscia d'asfalto dalle pendenze severe che poi diventa mulattiera, senza però addolcire l'inclinazione. La salita è resa meno faticosa dai panorami meravigliosi sul sottostante promontorio che ospita i giardini di Villa Balbianello (link al post: http://amareviaggiarescrivere.blogspot.com/2018/09/villa-balbianello-e-il-lungolago-di.html ). Più distante, la lunga penisola di Bellagio taglia in due la superficie lacustre e dietro di essa i monti del ramo orientale chiudono l'orizzonte. Verso sud invece spicca il Sacro Monte della Beata Vergine del Soccorso e l'inizio del 'fiordo' che prosegue sino alla città di Como (post dedicati ai link: http://amareviaggiarescrivere.blogspot.com/2021/05/sul-faro-voltiano.html e http://amareviaggiarescrivere.blogspot.com/2015/01/como-e-la-sua-funicolare.html). Seppur in maniera impropria prendo in prestito il termine perché mi ricorda davvero i 'veri fiordi' selvaggi ammirati in Norvegia (https://amareviaggiarescrivere.blogspot.com/2019/07/norvegia.html).
Salendo su via San Benedetto si ammira il Sacro Monte della Beata Vergine del Soccorso |
Inerpicandosi su via San Benedetto si ammira il ramo occidentale del lago di Como |
Si fa presto a superare il dislivello di circa 500 metri che separa i due luoghi di culto. Il Monastero di San Benedetto infatti si colloca a 810 metri di altezza, e l'ultimo chilometro si addentra sino al limite della stretta e profonda Val Perlana, alternando tratti pianeggianti a saliscendi.
Infine, aggrappato ai fianchi del monte Galbiga, compare l'eremo, immerso in una macchia verde di abeti. Le origini sono antichissime e la costruzione pare sia stata conclusa nel 1090 per volontà dei monaci benedettini. Acquisì via via importanza e con essa aumentarono pure i terreni di proprietà che si allungarono in val d'Intelvi e in Valtellina. Col passare del tempo purtroppo la sua fama sfumò e il monastero venne soppresso, i beni passarono ad Acquafredda, i materiali furono distribuiti ai privati e ne seguì un definitivo abbandono. Solo nel 1958 si intraprese un'opera parziale di ristrutturazione e ciò che vediamo oggi sono la torre possente accanto alla chiesa e a un complesso di edifici, in parte andati distrutti, che disegnano una cortile quadrato.
Giungere a San Benedetto è un po' come scivolare in una visione di pace e serenità, estranea alle attività dell'uomo moderno. Spunta anche un pizzico di malinconia nel vedere un luogo vibrante di vita, un tempo, e ora disabitato. Lo osserviamo dal vicino balcone prativo gustandoci il pranzo al sacco e un po' di riposo, avvolti dal tepore del sole. Poi beviamo l'acqua fredda della fonte e raccogliamo le pigne assieme a Leonardo per comporre sull'erba casette e montagne.
Siamo sereni, non abbiamo bisogno di nient'altro per apprezzare la vita.
In fondo alla stretta val Perlana il sole scompare presto in questa stagione e ci avviamo in discesa sul lato opposto della valle rispetto a quello dell'andata. Preferiamo questo tracciato per via della frescura, i ruscelli frequenti, la vegetazione più rigogliosa e soprattutto perché camminiamo su un sentiero vero e proprio e non sulla mulattiera, almeno fin quasi all'ultima meta di giornata: il terzo vertice del triangolo. Prima infatti di 'rotolare' lungo la stradina dalla pendenza proibitiva godiamo ancora dell'aria campestre delle baite di Cremia, con il loro crocevia di sentieri, e dove leggiamo incise su una tavola di legno le parole di San Benedetto: "stretta è la via che conduce alla vita, pochi sono coloro che la percorrono, soltanto chi persevera sarà salvato". Chi ha fede vi troverà un profondo significato religioso. Noi le interpretiamo come una spinta a non abbattersi mai, a procedere sempre, con speranza, impegno e fiducia.
Finalmente raggiungiamo dall'alto il culmine del Sacro Monte della Beata Vergine del Soccorso, ammirato da lontano durante la salita del mattino. La località è inclusa nei Sacri monti del Piemonte e della Lombardia (Patrimonio UNESCO dal 2003) assieme ad altri otto siti eretti fra il XV e il XVIII secolo: tutti simboli dell'unione perfetta tra sacro e natura. In cima al promontorio dove ci troviamo, a 420 metri di altezza, si erge il Santuario in una posizione estremamente panoramica, affacciato sul ramo occidentale del lago di Como con il vicino promontorio ospitante i giardini di Villa Balbianello, la penisola di Bellagio e la graziosa isola Comacina.
Lo splendido panorama sul lago di Como dal Santuario della Beata Vergine del Soccorso |
La religiosità del luogo ha origini antiche, probabilmente antecedenti al 1300, ne è la prova la statua della Madonna risalente a quei periodi ma ritrovata nel XVI secolo da una pastorella sordomuta in una grotta dove un tempo cresceva il bosco e oggi sorge la chiesa. Tradizione vuole che la bambina riacquistò parola e udito e proprio per questo miracolo la popolazione decise di iniziarne la costruzione, in segno di devozione e gratitudine. Nel corso del tempo venne abbellito, poi curato dai frati francescani e tra il 1635 e il 1710 reso ancora più prestigioso (religiosamente parlando s'intende) dalla realizzazione del viale con le 14 cappelle.
La semplicità dell'esterno non rende giustizia alla bellezza dell'interno, con l'unica navata coperta da volte a botte affrescate e decorate con stucchi, il bell'altare e la cappella dedicata al culto della Madonna. Qui in particolare si percepiscono la potenza della fede e il misticismo del luogo.
Percorrendo in discesa il viale in selciato che serpeggia tra i terrazzamenti di ulivi sbirciamo attraverso le grate delle grandi cappelle, simili a tempietti in stile barocco. Dentro vi sono sculture a grandezza naturale e affreschi, alcuni ben visibili e in buone condizioni, altri un poco trascurati, ma comunque intrisi della simbologia cristiana.
Chiudiamo il percorso ad anello seguendo le stradine fra le villette di Ossuccio e Lenno per tornare all'Abbazia dell'Acquafredda, a conclusione di una giornata ricca di magnifici paesaggi, antichi santuari e tranquille passeggiate nei boschi.
Grazie a tutti coloro che hanno visitato il blog e condiviso questo post. Un caloroso saluto da Amare, Viaggiare, Scrivere.
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